Questa Informativa dà seguito alle precedenti n. 2/2013, 8/2013, 2/2017 e 7/2018, che avevano come oggetto Prepensionamenti e Ape volontario ed erano l’esplicitazione di misure introdotte dalla Riforma Fornero,  Legge 92/2012.

Iso-pensione o pre-pensionamenti

Oggi il pre-pensionamento lo chiamano anche Iso-Pensione e qualcuno parla anche di Assegno di Esodo o Scivolo pensionistico.

Come certamente ricorderete i punti salienti erano:
Le aziende interessate: devono avere più di 15 dipendenti.
I lavoratori interessati: tutti indistintamente (anche i dirigenti).
Motivazioni: ristrutturazione aziendale, eccedenza di personale, ricambio generazionale.
Base: accordo sindacale.
Accettazione: su base volontaria.

Se ci sono questi requisiti il datore di lavoro presenta domanda all’Inps competente per territorio, accompagnata da una fideiussione bancaria a garanzia della solvibilità dell’imprenditore.

Da questo momento si avvia la procedura di verifica dei requisiti del lavoratore, validando le singole posizioni individuali tramite Inps, calcolando l’importo della prestazione e l’onere della contribuzione figurativa. A questo punto il datore di lavoro avrà chiaro l’onere economico complessivo a suo carico.
Originariamente la Legge Fornero prevedeva un anticipo massimo di 4 anni dal diritto a pensione, per accedere a questa possibilità; mentre la Legge di Bilancio 2018 – 2020 ha allungato da 4 anni a 7 anni la possibilità di accedere a questo tipo di “pensionamento anticipato”.
Sta alle due parti valutare contestualmente  la convenienza economica di accedere a questa opportunità.

Occorrerebbe  anche valutare altri parametri: il lavoratore dovrebbe, ad esempio,  fare un confronto tra: Iso-pensione 7 anni; Ape volontario, Rita, incentivi all’esodo e altre misure per valutare la soluzione più conveniente.

Il tutto alla luce dei mesi o degli anni che mancano al raggiungimento del diritto a pensione:  massimo 43 mesi, 7 anni etc; e dell’assegno pensionistico/costo aziendale in gioco.

Ape volontario

Riprendiamo l’argomento, già richiamato nell’Informativa n. 7/2017, alla luce del Decreto del Consiglio dei Ministri del 4 settembre 2017 n.150, entrato in vigore il 18 settembre 2017, che ha disciplinato le modalità di accesso all’Ape volontario.

A questo proposito l’Inps ha diramato la circolare n. 28/2018 del 13/02/2018, che tratta dell’Ape (Anticipo finanziario a garanzia Pensionistica) e che recita: “in via sperimentale dal 1° maggio 2017 al 31 dicembre 2019, gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria (Ago) e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, nonché alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in possesso dei prescritti requisiti, possono chiedere all’Istituto finanziatore, per il tramite dell’Inps, l’anticipo finanziario a garanzia pensionistica (c.d. Ape) da restituire in venti anni mediante trattenute mensili su pensione.”

Riportiamo di seguito i requisiti basilari che sono:

  • Età minima anagrafica di 63 anni (2018), alla prima data utile della presentazione della domanda di APE.
  • Età che consente la maturazione del diritto anagrafico di cui all’art. 24, comma 6, della legge n. 214 del 2011, entro 3 anni e 7 mesi dalla prima data utile di presentazione della domanda di Ape.
  • Tenere conto dell’aspettativa di vita: più 5 mesi dal 2019 e adeguamenti futuri.
  • Assegno: 1,4 volte il trattamento minimo. Nel 2018: 710,444 euro (1,5 volte per coloro che hanno il primo contributo accreditato dal primo gennaio 1996).
  • Anzianità contributiva non inferiore a 20 anni. I contributi devono essere versati in un’unica gestione e utili per conseguire la pensione di vecchiaia, alla data della domanda di certificazione del diritto all’Ape.
  • Durata: il trattamento deve durare almeno 6 mesi.
  • Importo Ape: la rata mensile minima è di 150  euro; il massimo dipende dalla durata.

Poiché ci sono altre richieste e particolarità, riportate nella circolare n. 28, sarà bene che il lavoratore ne prenda visione, per inquadrare correttamente la sua situazione personale.

L’Inps mette anche a disposizione degli interessati un simulatore gratuito.

Come sempre, per ulteriori chiarimenti,  si consiglia di consultare il consulente previdenziale e di farsi assistere per la pratica da un patronato.

Diamo, di seguito, una stringata “scaletta” delle cose da fare.

  1. Invio richiesta di certificazione all’Inps
  2. l’Inps accerta i requisiti e comunica entro 60 giorni l’esito
  3. se l’esito è positivo il lavoratore sceglie la banca che erogherà il prestito e la compagnia assicuratrice che coprirà il rischio di premorienza
  4. inoltre comunica l’importo mensile minimo e massimo del prestito; e la durata massima del finanziamento
  5. se per il lavoratore è tutto a posto, si presenta domanda all’Istituto finanziatore
  6. l’Istituto finanziatore analizza la pratica e comunica i responsi
  7. in caso di esito positivo il lavoratore presenta domanda di pensione all’Inps.

Contestualmente alla domanda di Ape bisogna presentare anche domanda di pensione di vecchiaia.

Compatibilità: APE è incompatibile con qualsiasi pensione diretta. È però compatibile con la pensione di reversibilità.

Se le verifiche dei requisiti danno esito positivo, il prestito decorre dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda.

Segnaliamo che l’Ape verrà erogato in quote mensili di pari importo per 12 mensilità/anno, fino al raggiungimento del diritto alla pensione di vecchiaia (adeguato agli incrementi della speranza di vita).
Per il 2018 è pari a 66 anni + 7 mesi.
Dal 1° gennaio 2019: 67 anni.
Occorre anche calcolare l’importo massimo erogabile, che è  funzione dell’importo mensile del trattamento pensionistico e della durata di erogazione di Ape.

Dal momento dell’erogazione scatta il recupero del finanziamento per un massimo di  240 rate mensili (20 anni). È possibile l’estinzione anticipata parziale o totale del finanziamento.
In caso di premorienza le rate ancora da pagare non verranno trasferite sulla pensione di reversibilità degli eredi.

Nota: da qualche anno è operativa  una ulteriore possibilità, anche se non proprio pertinente al tema pensione anticipata: il part-time agevolato.

È una misura sperimentale introdotta dal’art.1, comma 284, della Legge 208/2015, che consente ai lavoratori del settore privato, purchè a tempo indeterminato, di ridurre su base volontaria l’orario di lavoro,  per un periodo massimo di 3 anni dal raggiungimento della pensione di vecchiaia. Vale anche per aziende con meno di 15 dipendenti, purchè private.

Per il lavoratore, ovviamente, questa ulteriore possibilità  non significa  “andare in pensione anticipatamente” ma solo che potrà “lavorare di meno a orario ridotto” e quindi ottenerne un beneficio psico-fisico, anche se con una penalizzazione economica.

Esempio: un lavoratore con contratto a tempo indeterminato, che maturi 66 anni e 7 mesi di età entro il 2018 e che abbia almeno 20 anni di contribuzione, potrà stipulare un accordo con il suo Datore di lavoro, per ridurre l’orario di lavoro tra il 40 ed il 60% di ore lavorate.

La situazione economica: il lavoratore, oltre alla normale remunerazione spettantegli di diritto per le ore lavorate, riceverà ogni mese, per la percentuale di  ore non lavorate, ,una somma esentasse corrispondente ai contributi previdenziali che sono a carico del datore di lavoro; ma il lavoratore non ci rimetterà sulla pensione, perché gli verrà riconosciuta la contribuzione figurativa corrispondente.